Carenza di studi clinici, i dubbi sullo sviluppo cerebrale, il riprisitino della fertilità, la questione (legale) del consenso del minore. Il via libera alla molecola Trp che blocca lo sviluppo puberale pone diverse domande. Tutte ancora senza risposta
Può il dirigente di un’autorità amministrativa con un proprio atto affrontare delicatissime questioni che coinvolgono beni di rilievo costituzionale, fondati su convenzioni internazionali ed europee, che interessano diritti personali e familiari e la protezione dei minori, saltando a piè pari Parlamento e governo?
Pare una domanda retorica, ma quanto accaduto da parte dell’Aifa – l’Agenzia del farmaco – con la copertura di un parere positivo del Cnb-Comitato nazionale di bioetica, mostra il contrario.
La vicenda è nota: con determina del 25 febbraio 2019 il dirigente dell’area pre-autorizzazioni dell’Aifa ha inserito la molecola Trp-triptorelina fra i medicinali erogabili a carico del servizio sanitario nazionale.
La Trp potrà essere somministrata, sotto stretto controllo medico, ad adolescenti ritenuti affetti da Dg-disforia di genere, al fine di procurare loro un blocco temporaneo, fino a un massimo di qualche anno, dello sviluppo puberale, con l’ipotesi che ciò “alleggerisca” in qualche modo il “percorso di definizione della loro identità di genere”.
Nel novembre 2018 Scienza & Vita e il Centro studi Rosario Livatino, dopo aver svolto un workshop a più voci sul tema, avevano inviato una lettera contenente una serie di riserve ad Aifa, rimasta tuttavia senza risposta.
Tratto da “Il Foglio” - Prosegui nella lettura dell'articolo